OLIVADI

Sulla fondazione di Olivadi non si hanno notizie certe. Gli studi ne fanno risalire le origini al periodo greco-bizantino quando, a seguito di continui saccheggi dei longobardi e dei saraceni, non pochi abitanti delle coste si spostarono dando vita a piccoli centri dell’entroterra, meno accessibili e più sicuri. La testimonianza più attendibile e indiscussa è il culto e la devozione che gli olivadesi hanno tutt’oggi verso il loro patrono, Sant’Elia, profeta greco-bizantino che comanda al tuono, al fuoco e alla pioggia.

Ruderi del mulino ad acqua

Frantoio Turrà

Le ricerche sull’origine del nome propendono per una sua derivazione dal termine greco “Libadion” cioè landa, per questo motivo il paese venne chiamato a lungo “Livadi” e, tutt’oggi, i suoi abitanti vengono chiamati in vernacolo “livadisi” o “livadoti”. La storia documentata di questo comune inizia verso l’anno 1000, periodo in cui i Normanni conquistarono tutta la Calabria. Da quel periodo storico, il destino di Olivadi, come quello di molti altri borghi fu legato a quello di Squillace, una delle sei grandi contee calabresi, fino al momento in cui, nel 1811, divenne Comune autonomo e fu aggregato al Cantone di Satriano. Il Comune di Olivadi è famoso in quanto diede i natali al Venerabile servo di Dio Padre Antonio di Olivadi, nato a gennaio del 1653. Entrato nell’ordine dei Cappuccini fu ordinato sacerdote nel 1680, egli ebbe la vocazione della predicazione e per più di trent’anni predicò per tutto il meridione suscitando dovunque un enorme proselitismo. Infaticabile, scalzo e con la sola bisaccia portava con la sua testimonianza ed i suoi miracoli il segno visibile della presenza di Dio, fino al punto di arrivare a predire il papato al cardinale Orsini divenuto Papa col nome di Benedetto XIII.

Casa Mellace- Paparo


Teatro Sant’Elia (ex Chiesa Matrice)

Passeggiando per le vie di Olivadi è possibile osservare uno degli edifici religiosi più antichi ed importanti del Comune, l’ex Chiesa Matrice dedicata a Sant’Elia, trasformata oggi in anfiteatro. A seguito di molti interventi di restauro e ricostruzioni susseguitisi agli eventi sismici, dopo il 1953 si decise di costruire una nuova Chiesa. Dell’edificio originale si possono ancora ammirare l’altare risalente al 600 in stile barocco con marmi policromi; un dipinto su tela raffigurante la Madonna delle Grazie, di scuola Napoletana databile ai primi del ‘700; una statua in legno raffigurante la Madonna che allatta, riconducibile al XV sec. ed altri arredi ecclesiastici. All’interno della Chiesa vi è un piccolo museo che custodisce oggetti sacri, ori e argenti, di pregevole fattura e di grande valore storico. Ubicata di fronte all’ex Chiesa Matrice ritroviamo “Casa Colabraro”, edificio risalente all’800. Un’altra Chiesa di valore è la Chiesetta dedicata a San Nicola, costruita intorno al 1200. Fu ricostruita nel 1900 e restaurata nel 1907 a seguito dei danni riportati dopo il terremoto del 1905. Per via della statua del Crocefisso custodita al suo interno, questa chiesa viene anche riconosciuta con il nome di Chiesetta del Santo Crocefisso. Si tratta di una statua lignea di fattura monastica di grande valore artistico. L’opera si attribuisce al francescano Frate Umile da Petraria, un valente scultore del legno che realizzò diverse opere anche nella zona di Mesoraca e Cutro. Da visitare sono anche “Casa Mellace-Paparo” con un importante portale in pietra arenaria locale, a motivi bugnati e a punta di diamante, risalente ai primi del 1700 ed i ruderi del mulino ad acqua, recentemente recuperato e restaurato ai fini museali. 

Laghetto Zimbe

 

Testi e immagini sono tratti dalla pubblicazione “Le Terre del Sole“. Foto di Giuseppe Burdino.